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22 Ottobre 2007

SU ''ERASMO'' Bollettino informazione del Grande Oriente d'Italia ''IN RICORDO DI FRANCO CUOMO''

note: Anno VIII Nr.15-16 16-30 settembre 2007

In ricordo di Franco Cuomo

Due guerrieri in arcione sullo stesso cavallo. Questa immagine, sintesi del meglio dell'epopea dei Cavalieri Templari, è la stessa che viene immediata come la più efficace a descrivere l'onda di emozioni che il ricordo di Franco suscita in tutti quelli che hanno avuto il privilegio di conoscerlo. Perché Franco impersonava le migliori qualità che ai Templari attribuisce la leggenda. qualità che forse essi non avevano, ma che Franco le aveva tutte. Bastava scambiare con lui poche parole e la sua serena saggezza, la misurata compostezza dell'uomo abituato a ponderare le parole dopo avere ponderato il mondo, sgorgava solare.

Franco, un artista illustre ai vertici della cultura italiana, uno scrittore autore di libri di successo, di testi teatrali di eccellenza, finalista dei premi letterari più prestigiosi, volto noto al pubblico

televisivo, era semplice e umile, dell'umiltà che nasce dalla solidità del pensiero che non ha bisogno dell'arroganza e dello strepito per imporsi. Dal mondo che egli amava descrivere, quello degli uomini della cavalleria medioevale. sembrava avere tratto la costanza nella serietà dell'impegno con cui aveva affrontato i compiti affidatagli dalla vita, quelli di tenero compagno, di padre premuroso, di artista fecondo, di massone attento che alla Libera Muratoria moltissimo ha dato sempre lasciando il segno dell'equilibrio che gli era caratteristica peculiare. Da queste parole sembrerebbe disegnarsi il ritratto di maniera di un uomo algido, ma Franco non era affatto tale, era piuttosto un uomo estremamente appassionato e lo si vedeva in specie dall'impegno assolutamente coerente e senza tentennamenti con

cui difendeva le idee in cui credeva quando riteneva che questo andasse fatto. Un uomo però che mai permetteva che nel confronto prevalesse la cecità senza costrutto di una spada brandita ad oltranza e che sempre sapeva trovare lo spazio di ragionamento per impedire che il confronto si trasformasse in scontro. Riservato del suo privato non sapeva e non voleva trattenere la virile tenerezza con cui mostrava fin dall'infanzia il figliolo che ora, appena vicino alla maturità, ne piange il distacco sostenendo il braccio della madre adorata da Franco con il composto amore di un antico cavaliere. Perché Franco ben aveva compreso, e di questa sua intuizione ci rendeva a volte fortunati partecipi, che la sostanza della Cavalleria non significava imprese mirabolanti compiute da uomini nerboruti esperti nel maneggio dei cavalli e delle armi bianche, ma la disposizione interna al servizio degli altri nelle attività pubbliche. e nel privato il vivere in modo completo i sentimenti. Ed ancora bene aveva compreso che i cavalieri templari in due in arcione sullo stesso cavallo erano l'immagine dell'attenzione particolare che essi riconoscevano essere dovuta ai loro simili di pensiero e di azione, non perché soci di una consorteria ma perché umilmente consci che i compiti gravosi che si erano assunti necessitavano a volte del reciproco aiuto. Per tutto questo il mondo dei cavalieri era il mondo in cui Franco ci introduceva affascinandoci con la maestria del suo stile lieve che non ci permetteva però di distrarci dal filo logico e continuo di una narrazione sempre tesa alla sostanza. La morte, il più grande dei misteri della vita, non ha certo colto Franco impreparato e amo pensare che giunto di là abbia subito trovato un suo simile, un Cavaliere ardito e gentile come lui che lo attendeva per condurlo con sé sullo stesso arcione e per fargli da guida nel diverso modo di essere cavalieri che forse c'è di là.

E certo Franco lo avrà seguito di buon grado per poter in breve imparare ad essere lui pronto ad offrire la sua cavalcatura e il suo aiuto a chi, appena avuta l'unica vera grande iniziazione cui nessun essere umano può sottrarsi, si rincuori che di qua si sia intuita la verità dell'eterno.

Claudio Vernale