Pubblicazioni
I dieci. Chi erano gli scienziati italiani che firmarono il "Manifesto della razza"
Autore: Franco Cuomo
Editore: Baldini Castoldi Dalai
Collana: I Saggi
Dati libro: 288 p.
Anno: 2005
Tipologia: Saggi
ULTIMA RIEDIZIONE
Anno: 2015
Editore: Bonanno
Collana: Storia e Politica
Quale oscuro mistero italiano si cela dietro l'intoccabilità dei dieci professori, in prevalenza medici, che nel 1938 sottoscrissero il Manifesto della razza, noto anche come Manifesto degli scienziati razzisti? Per quale inesplicabile motivo non vennero rimossi dalle cattedre universitarie alla caduta del fascismo, ma reintegrati nei loro privilegi nonostante la terribile colpa di avere legittimato la deportazione in Germania di ottomila ebrei? In che consisteva la "originalità" del razzismo italiano, tanto decantata da Mussolini, rispetto a quello tedesco?
Ruota intorno a questi interrogativi la ricerca svolta da Franco Cuomo in una delle pagine meno investigate della Shoah italiana, fornendo prove certe del ruolo non soltanto teorico ma operativo ricoperto dagli "scienziati razzisti". Prove dei loro incontri a Berlino con Himmler, Hess e altri eminenti carnefici del Reich; prove di visite ai campi di sterminio; prove delle alte cariche ricoperte da alcuni di loro nell'ufficio della razza. Esistono infine gli organigrammi del tribunale della razza e degli enti per la liquidazione dei beni tolti agli ebrei, gestiti da personalità poi riciclate con tutti gli onori nella democrazia. Franco Cuomo ne riporta i nomi in questo libro, evidenziandone le responsabilità attraverso i loro stessi scritti, le carriere, le zelanti manifestazioni di adesione ai piani del regime.
"Nessuno dimentichi i dieci scienziati del '38. Nessuno li perdoni. Si chiamavano Lino Businco, Lidio Cipriani, Arturo Donaggio, Leone Franzi, Guido Landra, Nicola Pende, Marcello Ricci, Franco Savorgnan, Sabato Visco ed Edoardo Zavattari. Legittimarono la deportazione in Germania di ottomila persone, tra cui settecento bambini. Volevano dimostrare che esistono esseri inferiori. E ci riuscirono, in prima persona. Perché lo furono."